ATTIVITA' DI RAGGRUPPAMENTO E ABBRUCCIAMENTO DI MATERIALI VEGETALI - CASI AMMESSI E CASI SANZIONATI COME REATO

Prendendo spunto dalla sentenza n.38658 del 2 agosto 2017  della III Sezione Penale della Corte di Cassazione esaminiamo la normativa vigente in merito alla fattispecie in oggetto.

Occorre partire dalla considerazione che l’incenerimento a terra, indicato con la lettera D10, rientra nell’ambito delle operazioni di smaltimento declinate nell’allegato B alla parte quarta del Dlgs 152/06 e che le disposizioni generali sono contenute nell’articolo 182,  del D.lgs n.152/06, il quale al comma 6-bis, introdotto dalla legge 11 agosto 2014, n.116, di conversione del decreto legge n.91/2014, stabilisce che “le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f) del citato decreto legislativo, effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti ed ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata.”

I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possono derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento, al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)”.

 Trattasi di una disciplina derogatoria rispetto alla normativa sulla gestione dei rifiuti che ha ad oggetto paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana; quindi un attività che, in base alle regole generali, rientrerebbe tra le operazioni di smaltimento, se viene svolta a determinate condizioni viene sottratta alla disciplina generale per espressa deroga contenuta nell’articolo 182, comma 6-bis, Dlgs 152/06. 

Trattasi dei materiali vegetali enucleati nell’articolo 185, comma 1, lett.f) del TUA  che nel rispetto delle condizioni stabilite dalla norma non rientrano nella nozione di rifiuti e pertanto il loro raggruppamento ed abbruciamento, se eseguito nel rispetto delle condizioni imposte dal comma 6 bis dell’art.182  più volte citato, non costituisce attività di gestione di rifiuto e pertanto non può integrare fattispecie illecite.

A questo punto va considerato che la nozione di materiale vegetale naturale non pericoloso  è stato ampliato, includendovi anche paglia,  sfalci e potature derivate da aree verdi come parchi, giardini, aree cimiteriali, nonché sfalci e potature da attività di impresa agricola e agroindustriale, dalla legge 28 luglio 2016, n.154 cosiddetto Collegato Agricolo.

 Affinchè però scatti il regime derogatorio sopra descritto si rende necessario che sussistano una serie di condizioni ovvero:

a)     Deve trattarsi di attività di raggruppamento e abbruciamento (tipologia di attività);

b)    Deve trattarsi di piccole quantità ovvero piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri stero per ettaro  (quantità consentita);

c)     Deve trattarsi di materiale vegetale di cui all’art.185, comma 1, lett f) (tipologia di materiale);

d)    Che detti materiali siano destinati alle normali pratiche agricolo e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura, o per la produzione di energia da tale biomassa, anche          la di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi.

Al momento in cui tutte tali condizioni concorrono contestualmente, tale materiale non venendo considerato rifiuto, può essere reimpiegato come materiale concimante o ammendante, senza che ciò danneggi l’ambiente né metta in pericolo la salute umana.

Tutto ciò è stato già ribadito da una importante pronuncia della suprema Corte di Cassazione che con sentenza n.5504 del 10/02/2016, stabiliva che non rientrava tra le normali pratiche agricole e, quindi, al contrario rientrava tra le attività di gestione di rifiuti, l’attività di raggruppamento e abbruciamento dei materiali vegetali di cui all’art.185, comma 1, lett.f), che veniva eseguita fuori dal luogo di produzione, oppure, eseguita nel luogo di produzione, ma per finalità diverse dal reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti oppure se tale attività non si limitava a cumuli non piccoli oppure non rispettava il limite giornaliero dei tre metri steri per ettaro.

Alle medesime conclusioni, consolidando quindi il precedente orientamento, giunge più di recente la Cassazione, sempre III Sezione Penale, con la sentenza n.38658 del 2 agosto 2017, con la quale conferma la sentenza di condanna inflitta dal giudice di merito, per illecita gestione di rifiuti prevista dall’articolo 256 del Dlgs 152/06, all’amministratore di un vivaio che smaltiva  tramite combustione e senza titolo abilitativo, materiale vegetale derivante da sfalci, potature e pulitura di un terreno abbandonato, al fine di realizzare un vivaio rustico.

 E’ evidente che nel caso in specie mancano del tutto le condizioni sopra descritte per applicare il regime in deroga in quanto trattasi di materiale non escluso dal D.lgs 152/06 e che la stessa attività posta in essere non poteva costituire una normale pratica agricola ai sensi del medesimo codice (scopo era la costruzione di un vivaio); quindi, secondo il giudice di legittimità, l’attività di abbruciamento dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lett. f), al di fuori delle modalità e condizioni stabilite dall’articolo 182, comma 6-bis, rientra tra le attività di gestione dei rifiuti, e più precisamente tra le operazioni di smaltimento e, pertanto, essendo priva di autorizzazione integra gli estremi dell’illecito ai sensi dell’art. 256 del citato codice ambientale; in altre parole, al di fuori di tali modalità e condizioni non opera alcuna deroga e divengono applicabili le sanzioni per illecita gestione dei rifiuti.

In conclusione, tanto la dottrina quanto la consolidata giurisprudenza sopra esaminata, rilevano che l’articolo 182, comma 6-bis, esclude che la combustione, con le modalità e alle condizioni previste, di materiale che fin dall’origine non sono rifiuti (art.185, comma 1, lett.f) ) costituisca operazione di smaltimento; chiaramente tale esclusione non riguarda tutti i materiali vegetali ma solo quelli che per provenienza, natura e destinazione successiva, non sono da considerarsi rifiuti; in caso non ricorrano tali condizioni anche essi materiali devono essere sottoposti alla disciplina ordinaria e alle relative sanzioni previste per la gestione in assenza di titolo abilitativo.

Va  altresì ricordato che, come in tutti i casi in cui trova applicazione una disciplina derogatoria rispetto alla normativa generale,grava su cui intende avvalersene l’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni derogatorie.

 

Dr. Gianpietro Luciano

 

05/04/2017

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